Conosco Gianluca Ferrato da tempo. La nostra amicizia risale a molti anni fa. Lui era, ed è, mi pregio dirlo, un mio fan sfegatato, così come io lo sono di lui a causa del suo talento, della sua versatililtà, delle sue capacità artistiche. Io non ho mai creduto che basti studiare per diventare un vero artista. Lo
studio è ovviamente indispensabile, ma serve, a mio modesto parere, solo per affinare quel talento che già si possiede, NON certo per crearlo. "Artisti" si nasce, ed è qualcosa di impalbabile che Madre Natura regala a pochi privilegiati, e lui, Gianluca, è uno di quelli ai quali questo dono è stato elargito in forma copiosa. Io so che un suo sogno nel cassetto sarebbe quello di poter un giorno lavorare noi due insieme, fianco a fianco su di un palcoscenico. Magari! Ne sarei felicissima! Io amo il teatro e amo lavorare con i professionisti, ma, ancor più, amo lavorare con quegli Artisti con la A maiuscola che, oltre all'impegno, al pubblico sanno mostrare di possedere anche un'anima.
E Gianluca Ferrato è uno di questi.


RITA PAVONE

foto di Marinetta Saglio

:: rassegna stampa

L'Unità, 13 Febbraio 1994

Niente rock, c'è Rita Pavone

"Macchè gli U2?!. ...Volevo essere Rita Pavone!" è il titolo dello spettacolo interpretato (e firmato insieme a Marco Ioannucci) da Gianluca Ferrato, in scena in questi giorni al Teatro La Scaletta, regia di Massimo Cinque. Dopo un inizio leggermente sottotono, Ferrato (nei panni di Carlino Sant'Arcangelo, attore morto per sbaglio e rispedito dal Paradiso sul palco durante un concerto di musica classica), vince l'emozione e acquista scioltezza, padronanza della scena fino a diventare un vero mattatore di questo mini musical. Canta, balla, recita, saltando da un ritmo all'altro, dal riso al pianto, dall'urlo al sussurro. Insomma questo piccoletto (lui stesso si definisce "bassino, con le spalle strette, pochi capelli... fermatemi sennò mi suicido") ha grinta e energia da vendere. Dai calzoni, strettissimi a zampa d'elefante, a Canzonissima e i vari Festival di Sanremo, dai primi appuntamenti con una ragazza, all'impegno politico-artistico, Ferrato cuce balletti, monologhi, canzoni, in un vero revival degli anni '60 e '70. Pescando a piene mani nella canzonetta nostrana, ma strizzando l'occhio a Broadway con spezzoni di Chorus Line, proponendo persino un improbabile Diario di Anna Frank versione musical ("Che - dice - volevo interpretare come risposta ebrea alla Lilì Marlene tedesca"). Il pianista stralunato, prima ostile, poi suo malgrado partecipe degli entusiasmi di Carlino, è ben interpretato da Giacomo Zumpano, mentre le due mini-Kessler, Cristina Santucci e Alessandra Puglielli, danzano sincronicamente perfette (evocando con Ferrato il trio Kessler-Don Lurio del "Testa spalla, baby, one, two, three...") sulle coreografie di Celia Southern. Lo spettacolo è una vera antologia di date, divi e canzoni degli anni d'oro della canzonetta, che Ferrato cita a memoria: Iva Zanicchi, Bobby Solo, Caterina Caselli, ma soprattutto lei, la "Pel di Carota", l'ex camiciaia torinese, Rita Pavone, sua musa ispiratrice. Non a caso tra le gags più efficaci spiccano quelle in cui Ferrato racconta di lei: da quando tenta di vampirizzarla per "succhiarne" il talento, alle gelosie cjhe prova per Teddy Reno, al disappunto per qualche esclusione sanremese della cantante. E a "Ritin", che effetto fa essere preferita nientemeno che agli U2? Lei, presente in sala, è entusiasta e divertita. "Gianluca è bravissimo, ed è proprio vero che è un mio fan accanito, è per questo che è scatenato come me".

A. F.


Momento-sera , Giovedì 17 Febbraio 1994

Gli anni '60 di Rita Pavone

Gli anni Sessanta come rigorosa dicotomia. Come spaccatura tra un mondo politicamente impegnato, irrequieto, in contestazione ed un altro mondo leggero, spensierato, ma non per questo meno denso di emozioni e valori. Musicalmente parliamo di un mondo che racchiude nel medesimo lasso di tempo i Rolling Stones, i Beatles, Gianni Morandi, Caterina Caselli e lei, la protagonista "in pectore" di questo spettacolo: Rita Pavone. "Macchè gli U2?!. ...Volevo essere Rita Pavone!" di Gianluca Ferrato e Marco Ioannucci (il titolo è ripreso dalla fortunata commedia di Umberto Marino) punta proprio a riportare alla luce quel perturbante degli anni Sessanta solitamente rimosso soprattutto dai postsessantottini, da coloro cioè che stavano dall'altra parte, da quella dell'impegno e della protesta. La regia di Massimo Cinque dà rilevanza proprio a quest'aspetto della nostalgia per chi non ha vissuto la parte spensierata dei formidabili anni celebrati in seguito (a proposito, a sproposito non sta a noi dirlo) dai film di Vanzina e da Red Ronnie. In effetti parte dei cinquantenni e dei quarantenni di oggi si chiede non solo dove sia finito l'impegno, ma anche che fine hanno fatto Dino, Annarita Spinaci o Gilda Giuliani e se forse la Tv in bianco e nero a due canali, degli sceneggiati di Maigret con Cervi non era meglio di questa tutta colori, canali ed insulse telenovele. All'interno della performance è narrata la suerreale vicenda di un giovane attore di provincia che, morto per banale incidente vent'anni prima, torna grazie ad una concessione celeste, per dare uno spettacolo che in vita non ha mai potuto mettere in scena dedicato al suo idolo "pel di carota" Rita Pavone. Lo spettacolo che ne risulta è un pastiche simpatico e coinvolgente che ha soprattutto il merito di essere originale e scevro da volgarità. Ferrato è coadiuvato in scena dal maestro-attore di piano Giacomo Zumpano e dalle "Girls" Cristina Santucci e Alessandra Puglielli, gemelle Kessler per l'occasione. Fino al 6 marzo alla Scaletta.

Piergiorgio Mori


La Voce Repubblicana, Sabato 26 Febbraio 1994

Nostalgie in musica nel segno delle canzoni di Rita Pavone

Siamo andati un po' titubanti al teatro romano La Scaletta dove l'attore e coautore Gianluca Ferrato rappresentava "Macchè gli U2?!. ...Volevo essere Rita Pavone!". Il titolo faceva riferimento alla nota commedia di Umberto Marino "Volevamo essere gli U2", nonchè alla altrettanto nota cantante Rita Pavone - vedette della canzone di qualche decennio fa. E, in apertura di scena, Gianluca Ferrato - viso aperto, statura media, calvizie incipiente - rotolando dall'alto del piccolo anfiteatro de "La Scaletta", infagottato in un variopinto costume di paglia, ci aveva suggerito non poche perplessità. Poi l'attore dichiarava d'essere Carlino Sant'Arcangelo disceso dal cielo sulla terra - a distanza di venti anni dalla morte - per colamre le lacune nel campo della canzone, in particolare di quelle della sua beniamina Rita Pavone. Ad attenderlo in palcoscenico v'è già un allampanato maestro di musica, in irreprensibile abito da sera a code, seduto dinanzi ad un pianoforte che si dichiara un deciso fautore della "classica", e nasce subito un conflitto con Carlino Sant'Arcangelo, che lo sprona ad oborrite rimembranze della Pavone e dei cantautori coevi. Nascono simpatici scontri, che Ferrato alterna a battute, a qualche paradosso e alle canzoni più famose della sua amatissima Rita, in una sarabanda di gustosi episodi. Infine, nel secondo atto, il colpo di scena: due bionde giovani donne in succinti costumi irrompono sul palcoscenico cantando e ballando alla maniera delle Kessler. Indubbiamente un punto di forza del testo, che nel suo sviluppo rileva una ben meditata idea di quel che può essere un teatro leggero, al limite del musical. Determinate diremmo, dunque, il contributo fornito alla consistenza dello spettacolo dalle due disinvolte ballerine-cantanti, Cristina Santucci e Alessandra Puglielli. Né va sottovalutato l'apporto di Giacomo Zumpano - lo scontroso pianista - che in finale rivelerà anch'egli la sua irresistibile passione per la Pavone, della quale porta un ritratto al di sotto dello "sparato" bianco. Non siamo in grado di citare tutte le canzoni rievocate nella piéce, ma è certo che lo spettacolo - ben calibrato dal regista Massimo Cinque - fila senza tempi morti verso la conclusione accolto dai calorosi applausi del pubblico. Di Rita Pavone, ovviamente, non v'è traccia, salvo la sua faccia occhieggiante da un finto ju-box, dinanzi alla quale il Ferrato si prosterna di tanto in tanto. In definitiva uno spettacolo spiritoso e gradevole, scevro da volgarità, che poggia massimamente sulle doti eclettiche di Gianluca Ferrato (coautore insieme a Marco Ioannucci); nonché sulla sperimentata guida di Massimo Cinque - in una delle sue migliori prestazioni di regia. Modestissime le scene di Maurizio Varchi; belli senz'altro i costumi delle due girls a cura di Giancarlo Colis; adeguate le coreografie di Celia Southern. In scena fino al 20 marzo.

Fernando Bevilacqua


OGGI, 28 Febbraio 1994

Va in scena Rita Pavone

Rita Pavone, la ragazzaccia della canzone italiana, arriva a Teatro. "Macchè gli U2?!. ...Volevo essere Rita Pavone!" è infatti il titolo di una divertentissima commedia-musical, in scena al teatro La Scaletta di Roma fino al 20 Marzo, con Gianluca Ferrato nei panni del piccolo Giamburrasca. Rita Pavone si è simpaticamente prestata a "sponsorizzare" lo spettacolo: della sua storia e degli anni '60 c'è tutto o quasi, dalle nozze con Teddy Reno al geghegè, dal Cuore che batte all'impazzata a Come te non c'è nessuno.

Laura Guida


Il Messaggero, Martedì 1 Marzo 1994

"Macché gli U2..." alla Scaletta, è meglio Rita Pavone

Il trucco del trapassato che ottiene dal buon Dio il permesso di tornare per un periodo sulla Terra, è alquanto vecchiotto. Però, bene o male, può reggere uno spettacolino fresco come questo "Macchè gli U2?!. ...Volevo essere Rita Pavone!", in questi giorni alla Scaletta, titolo ovviamente ispirato al Volevamo essere gli U2 di Umberto Marino, testo di Gianluca Ferrato e Marco Ioannucci, regia di Massimo Cinque. In scena, lo stesso Ferrato - spalleggiato da Giacomo Zumpano che lavora sia come pianista sia come deuteragonista - è il trapassato, che torna su questo mondo con il desiderio di rievocare gli anni Sessanta e Settanta delle canzonette e dei festival di Sanremo. Il suo grande amore è Rita Pavone ma non disdegna Caterina Caselli, Nada e gli altri cantanti "leggeri" di quel periodo. Ci sono anche due giovani ballerine bionde (Cristina Santucci e Alessandra Puglielli) chiamate a ricordare le gemelle Kessler. Si tratta insomma della rievocazione di due decenni "impegnati" visti dalla parte del disimpegno. Diretto con una certa ironia da una regia che riesce a far entrare tutto l'allestimento nel piccolo palcoscenico della Scaletta, lo spettacolo dispensa alcuni momenti piacevoli grazie al gran lavoro di Ferrato, che non si risparmia mai, e alla restituzione buffa da parte di Zumpano di un pianista che vorrebbe eseguire Bach e deve invece suonare canzonette.

M. L.


:: foto di scena

:: brochure

 

© GIANLUCAFERRATO.COM 2007 | Tutti i Diritti Riservati